04


ULISSE
di James Joyce


Traduzione di Giulio De Angelis 

versione originale inglese e note 



***


4° episodio CALIPSO


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Mr Leopold Bloom mangiava con gran gusto le interiora di animali e di volatili. Gli piaceva la spessa minestra di rigaglie, gozzi piccanti, un cuore ripieno arrosto, fette di fegato impanate e fritte, uova di merluzzo fritte. Più di tutto gli piacevano i rognoni di castrato alla griglia che gli lasciavano nel palato un fine gusto d'urina leggermente aromatica. 
I rognoni erano nel suo pensiero mentre si moveva quietamente per la cucina, sistemando le stoviglie per la colazione di lei sul vassoio ammaccato. Luce e aria gelida nella cucina ma fuori una dolce mattina d'estate dappertutto. Gli facevano venire un po' di prurito allo stomaco.
I carboni si arrossavano.
Un'altra fetta di pane e burro: tre, quattro: giusto. Non le piaceva il piatto troppo pieno. Giusto. Lasciò il vassoio, sollevò il bollitore dalla mensola e lo mise di sbieco sul fuoco. Stava, grullo e accosciato, col beccuccio sporgente. Tazza di tè fra poco. Bene. Bocca secca. La gatta interita girò attorno a una gamba del tavolo con la coda ritta.
- Oh, sei qui, disse Mr Bloom, distogliendosi dal fuoco.
La gatta rispose miagolando e girò di nuovo interita intorno a una gamba del tavolo, miagolando. Proprio come quando incede impettita sulla mia scrivania. Prr. Grattami la testa. Prr.
Mr Bloom guardava curioso, gentile, la flessuosa forma nera. Pulita a vedersi: la lucidità del pelo liscio, il bottoncino bianco sotto la radice della coda, i lampeggianti occhi verdi. Si chinò verso di lei, mani sulle ginocchia.
- Latte per la miciolina, disse.
- Mrkgnao! piagnucolò la gatta.
Li chiamano stupidi.
Capiscono quello che si dice meglio di quanto noi non si capisca loro. Capisce tutto quel che vuole. Vendicativa anche. Crudele. La sua natura. Curioso che i topi non stridono mai. Sembra gli piaccia. Chi sa che cosa le sembro io. Alto come una torre? No, mi salta benissimo.
- Ha paura dei polli, lei, disse canzonatorio. Paura dei pìopìo. Mai visto una miciolina così sciocchina.  
- Mrkrgnao! disse forte la gatta.
Guardò in su con gli occhi avidi ammiccanti per la vergogna, miagolando lamentosamente e a lungo, mostrandogli i denti biancolatte. Egli guardava le fessure nere degli occhi che si restringevano per l'avidità fino a che gli occhi divennero pietre verdi. Poi s'avvicinò alla credenza, prese il bricco che il lattaio di Hanlon gli aveva appena riempito, versò il latte tiepido gorgogliante in un piattino e lo posò lentamente in terra.
- Grr! esclamò lei e corse a lambire.
Guardò i baffi splendere metallici nella debole luce mentre lei ammusava tre volte e leccava lievemente. Chissà se è vero che se glieli tagli non pigliano più topi. Perché? Risplendono al buio, forse, le punte. O una specie di antenne al buio, forse.
 Tese l'orecchio al leccottìo. Uova e prosciutto, no. Niente uova buone con questa siccità. Ci vuole acqua fresca pura. Giovedì: non è nemmeno giornata per un rognone di castrato da Buckley. Fritto nel burro, uno zinzino di pepe. Meglio un rognone di maiale da Dlugacz. Aspettando che l'acqua bolla. Leccò più lentamente, poi ripulì ben bene il piattino. Perché hanno la lingua così ruvida? Per leccare meglio, tutta buchi porosi. Niente da mangiare per lei? Si guardò intorno. No.
Con le scarpe che scricchiolavano in sordina salì la scala fino al vestibolo, si fermò alla porta della camera da letto. Forse le piacerebbe qualcosa di saporito.
Fettine di pane imburrato le piacciono la mattina.
Forse però: una volta tanto.
Disse a bassa voce nel vestibolo vuoto:
- Vado qui all'angolo, torno tra un minuto.
Udita la sua voce dir questo soggiunse:
- Vuoi niente per colazione?
Un debole grugnito assonnato rispose:
- Mn.
No. Non voleva niente. Sentì poi un profondo sospiro caldo, più debole, mentre la donna si rivoltava e gli anelli d'ottone ballonzolanti della lettiera tintinnavano. Bisogna mi decida a farli riparare. Peccato. Fin quassù da Gibilterra. Dimenticato quel po' di spagnolo che sapeva. Chissà quanto l'ha pagato suo padre. Vecchio stile. Eh sì, naturalmente. Comprato all'asta del governatore. Venduto al primo colpo. Tenace nel contrattare, il vecchio Tweedy. Sissignore. Fu a Plevna. Vengo dalla gavetta, signore, e ne sono fiero. Eppure aveva abbastanza cervello da far soldi coi francobolli. Questo si chiama esser previdenti.
La sua mano tolse il cappello dal piolo, sopra il suo cappotto pesante con le iniziali, e l'impermeabile usato comprato all'ufficio oggetti smarriti. Francobolli: figurine dal retro adesivo. Direi che un sacco d'ufficiali siano nel giro. È naturale. La scritta sudaticcia nell'interno del cappello gli disse muta: Plasto i migliori capp. Sbirciò rapido all'interno della banda di cuoio. Cartoncino bianco. Bene al sicuro. 
Sulla soglia si tastò nella tasca posteriore dei pantaloni per accertarsi se aveva la chiave. Non c'è. Nei pantaloni che mi sono cambiato. Devo prenderla. La patata c'è. L'armadio scricchiola. Inutile disturbarla. Quando s'è rivoltata era piena di sonno. Si tirò dietro la porta d'ingresso molto piano, ancora un po', finché la parte inferiore del battente ricadde piano sulla soglia, lento coperchio. Sembrava chiusa. Va bene finché torno comunque.
Attraversò dalla parte del sole, evitando la botola malferma della cantina del numero settantacinque. Il sole si avvicinava al campanile della chiesa di Giorgio. Sarà una giornata calda immagino. Specialmente con questo vestito nero si sente di più. Il nero conduce, riflette (rifrange?), il calore. Ma non potevo uscire con quel vestito chiaro. Come se andassi a un picnic. Le palpebre gli si abbassavano spesso dolcemente mentre camminava nel beato tepore. Il furgoncino del pane di Boland che distribuisce a domicilio in telai il nostro quotidiano ma lei preferisce le forme di pane di ieri rivoltate nel forno con la crosta superiore calda crocchiante. Ti fa sentir giovane. In qualche luogo dell'Oriente: mattina presto: muoversi all'alba. Viaggiare intorno davanti al sole, rubargli una giornata di cammino. Seguitare sempre così. Mai diventare più vecchio d'un giorno tecnicamente. Camminare lungo una spiaggia, paese straniero, arrivare alla porta d'una città, sentinella lì, vecchio soldataccio anche lui, i baffoni del vecchio Tweedy, appoggiato a una specie di lunga lancia. Vagare per strade all'ombra di tende. Volti in turbante che passano accanto. Oscure caverne di negozi di tappeti, un omone, Turko il terribile, seduto a gambe incrociate a fumare una pipa dalle grandi volute. Grida di venditori per le strade. Bere acqua aromatizzata al finocchio, sorbetto. Vagabondare tutto il giorno. C'è caso di incontrare qualche ladrone. Be’, incontriamolo. S'avvicina il tramonto. Le ombre delle moschee lungo le colonne: sacerdote con un cartiglio arrotolato. Un fremito negli alberi, segnale, il vento della sera. Io passo avanti. Cielo d'oro evanescente. Una madre mi sta a guardare dalla soglia. Chiama i figli a casa nella loro lingua oscura. Muro alto: oltre esso corde pizzicate. Luna nel cielo notturno, violetto, colore delle giarrettiere nuove di Molly. Corde. Ascolta. Una fanciulla suona uno di quegli strumenti, come si chiamano: ribeche. Io passo.
Probabilmente non è affatto così. Roba che si trova nei libri: nella scia del sole. Sole raggiante sulla testata. Sorrise, compiaciuto. Quello che disse Arthur Griffith della testatina sopra l'articolo di fondo del Freeman: il sole dell'autonomia che sorge a nord-ovest dal vicolo dietro la banca d'Irlanda. Prolungò il suo sorriso compiaciuto. Trovata da giudeo quella: sole dell'autonomia che sorge a nord-ovest.
Si avvicinò alla mescita di Larry O'Rourke. Dall'inferriata della cantina veniva fuori a fiotti il molle fortore della birra. Dalla porta aperta il bar sprizzava effluvi di zenzero, polvere di tè, briciole di biscotti. Buon locale, comunque: proprio dove finisce il traffico della città. Per esempio M'Auley laggiù: niente bene come posizione. Certo se facessero passare una linea tranviaria lungo la Circonvallazione Nord dal mercato del bestiame fino al porto il valore andrebbe su come un razzo.
Testa calva dietro la persiana. Vecchio volpone. Non c'è da provare a lavorarselo per un'inserzione. Del resto il suo mestiere lo sa meglio lui. Eccolo là, proprio lui, il mio bravo Larry, appoggiato in maniche di camicia al recipiente dello zucchero attento al garzone in grembiule che fa la pulizia con secchia e cencio. Simon Dedalus gli fa il verso a perfezione, con gli occhi strizzati. Sa che cosa le dico? Che cosa, Mr O'Rourke? Sa che cosa? I russi, i giapponesi se li mangerebbero per colazione.
Fermati a scambiare una parola: sul funerale magari. Peccato il povero Dignam, Mr O'Rourke.
Voltando per Dorset street disse arzillo salutando attraverso la porta aperta:
- Buon giorno, Mr O'Rourke.
- Buon giorno a lei.
- Bel tempo, eh.
- Come no.   
Dove li trovano i quattrini? Vengono garzoni dai capelli rossi dalla contea di Leitrim, sciacquano vuoti e scolano fondi di bicchiere in cantina. E poi, attenzione, ti rispuntano come altrettanti Adam Findlater e Dan Tallon. Pensa anche alla concorrenza. Sete universale. Bel rompicapo sarebbe attraversare Dublino senza passare davanti a nessun bar. Metter da parte non possono. Fregano gli ubriaconi, forse. Segnano tre e riportano cinque. E con questo? Uno scellino qua uno là, a sgoccioli. Forse sulle ordinazioni all'ingrosso. Fanno il doppio gioco coi viaggiatori di commercio. Sistemala col padrone e ci dividiamo la torta, capito?
Quanto farebbe al mese sulla birra soltanto? Diciamo dieci barili di merce. Diciamo uno sconto del dieci per cento. No, di più. Quindici.
Oltrepassò San Giuseppe, la scuola governativa. Urla di marmocchi. Finestre aperte. L'aria fresca rinforza la memoria. Oppure un coro cadenzato. Abbicci dieffegi cappellemmenne opicu errestiuvu vu doppio. Ragazzi sono? Sì. Inishturk. Inishark. Inishboffin. Hanno l’aggiograffia. Io ho la mia. Slieve Bloom.
Si fermò davanti alla vetrina di Dlugacz, a guardare le collane di salsicce, i sanguinacci, bianchi e neri. Quindici moltiplicato per. Le cifre gli sbiancarono in mente insolute: contrariato, le lasciò svanire. Mangiava con gli occhi le lustre filze di carne insaccata e inalava tranquillo il tepido aroma del sangue di porco cotto e drogato.
Un rognone trasudava gocce di sangue sul piatto di ceramica figurata: l'ultimo. Si fermò al banco accanto alla la domestica dei vicini. Forse avrebbe comprato anche quello, leggendo dalla lista che aveva in mano. Screpolata: la soda del bucato. E una libbra e mezzo di salsicce di Denny. Posò gli occhi sulle sue anche vigorose. Lui si chiama Woods. Chissà che cosa fa. La moglie è anzianotta. Sangue nuovo. Vietati i corteggiatori. Braccia robuste. Quando sbatte un tappeto sulla corda del bucato. Sbatte, e come, perdio. E come la gonna sbilenca le ondeggia a ogni colpo.
Il norcino dagli occhi di furetto ripiegò le salsicce che aveva staccato con le dita chiazzate, rosa-salsiccia. Carne soda quella come di giovenca stallereccia.
Lui prese un pezzo di carta dalla pila di fogli tagliati. La fattoria modello a Kinnereth sulle rive del lago di Tiberiade. Può diventare una casa di cura ideale per l'inverno. Mosè Montefiore. Mi pareva che fosse lui. La casa colonica, un muro intorno, sfocato bestiame al pascolo. Allontanò un po' il foglio: interessante: lesse un po' più da vicino il titolo, lo sfocato bestiame al pascolo, il foglio frusciante. Una giovenca bianca. Quelle mattine al mercato del bestiame le bestie che muggivano nei chiusi, pecore marchiate, escrementi che cadevano con un tonfo, gli allevatori con le scarpe ferrate che guadavano attraverso la sporcizia, dando manate su un didietro ben pasciuto, questo è di prima qualità, con verghe non sbucciate in mano. Teneva il foglio di sghembo pazientemente, contenendo i sensi e la volontà, il morbido sguardo soggiogato in riposo. La gonna sbilenca che ondeggiava colpo su colpo su colpo.
Il norcino afferrò due fogli dalla pila, involtò le salsicce di prima qualità e fece una smorfia rossa.
- Ecco, signorina mia, disse.
Lei porse una moneta, sorridendo ardita, tendendo il grosso polso.
- Grazie, signorina mia. E uno scellino e tre pence di resto. A lei, prego?
Mr Bloom indicò frettolosamente col dito. Raggiungerla e andarle dietro se camminava piano, dietro i suoi prosciutti sommoventi. Piacevole a vedersi la mattina presto. Sbrigati, porca miseria. Battere il ferro finché è caldo. Lei indugiò al sole fuori della bottega e poi prese pigramente a destra. Lui tirò un sospiro giù per il naso: non capiscono mai. Mani screpolate dalla soda. E anche le unghie dei piedi incrostate. Scapolari marrone a brandelli la proteggono in tutti e due i modi. La puntura dell'indifferenza s'accese in tenue piacere nel suo petto. D'un altro: un pizzardone fuori servizio l'abbracciava in Eccles lane. A loro piacciono sostanziose. Salsicce di prima qualità. Per favore, Signora Guardia, mi sono smarrita nel bosco.
- Tre pence, prego.
La sua mano accettò l'umida molle ghiandola e l'infilò in una tasca della giacca. Poi la mano cavò tre monete dalla tasca dei pantaloni e le depose sulle puntine di gomma. Posate , furono contate a occhio rapidamente e rapidamente fatte scivolare, disco su disco, nel cassetto.
- Grazie a lei, signore. Alla prossima volta.
Un puntino di fuoco bramoso negli occhi volpini lo ringraziò. Distolse lo sguardo dopo un istante. No, meglio di no: la prossima volta.
- Buon giorno, disse, andandosene.
- Buon giorno, signore.
Nessuna traccia. Scomparsa. Che importa?
Tornò indietro lungo Dorset street leggendo serio. Agendath Netaim: società piantatori. Acquistare estesi tratti di terreno sabbioso dal governo turco e piantarvi eucalipti.
Eccellenti come ombra, combustibile e legno da costruzioni. Aranceti e immensi campi di meloni a nord di Giaffa. Paghi otto marchi e ti piantano un dunam di terreno a ulivi, aranci, mandorli o cedri. Gli ulivi costano meno: per gli aranci ci vuole l'irrigazione artificiale. Ogni anno ti spediscono parte del raccolto. Il tuo nome è iscritto a vita nei registri dell'associazione. Puoi pagare dieci in contanti e il resto a rate annuali. Bleibtreustrasse 34, Berlino, W. 15.
Niente da fare. Ma è un'idea.
Guardò il bestiame, sfocato nell'argentea calura.
Incipriati olivi argentei. Lunghe giornate tranquille: potare, maturare. Le olive si mettono negli orci, vero? Me ne sono rimaste alcune di Andrews. Molly le sputava di bocca. Ora sa che sapore hanno. Le arance avvolte in carta velina in casse. Anche i cedri. Chissà se il povero Citron è ancora vivo in viale Saint Kevin's parade. E Mastiansky con la vecchia cetra.
Che belle serate si passavano allora. Molly nella sedia di vimini di Citron. Piacevole a tenersi in mano, il fresco frutto cereo, tenerlo in mano, portarlo alle narici e odorarne il profumo. Così; profumo greve, dolce, selvaggio. Sempre lo stesso, per anni e anni. E i prezzi erano alti anche, mi diceva Moisel. Piazza Arbuto: via delle Belle: i bei tempi che furono. Devono essere senza nemmeno un difetto, diceva. Venuti di così lontano: Spagna, Gibilterra, Mediterraneo, il Levante. Cassette in fila sul molo a Giaffa, un tale che le spunta una a una nel suo libriccino, scaricatori scalzi dalle tute sporche a maneggiarle. Ecco come-si-chiama che esce da. Come va? Non mi vede. Tizio che si conosce quel tanto da salutarlo un seccatore. Visto di spalle somiglia a quel capitano norvegese. Chissà se lo incontro oggi. L'annaffiatrice. Fa piovere. Così in cielo come in terra.
Una nuvola cominciò a coprire il sole del tutto lentamente tutto. Grigia. Lontana.
No, non così. Una terra arida, deserto spoglio. Lago vulcanico, il mar morto: niente pesci, niente vegetazione, affondato giù nella terra. Nessun vento solleverebbe mai quelle onde, grigio metallo, acque dalle nebbie venefiche. Pioggia di zolfo, così l'han chiamata: le città della pianura: Sodoma, Gomorra, Edom, tutti nomi morti. Un mare morto in una terra morta grigia e vecchia. Vecchia ora. Generò la più antica la prima delle razze. Una vegliarda curva attraversò la strada, uscendo da Cassidy, tenendo stretta per il collo una bottiglia da un quarto. La gente più antica. Ha errato lontano per tutta la terra, di cattività in cattività, moltiplicandosi, morendo, nascendo dovunque. Giaceva lì ora. Ora non poteva più generare. Morta: quella d'una vecchia: la grigia vulva affossata del mondo.
Desolazione.
Un grigio orrore gli consumava la carne. Zeppando il foglio in tasca prese per Eccles street, affrettandosi verso casa.
Freddi umori gli scorrevano per le vene, gelandogli il sangue: la vecchiaia lo incrostava d'una scorza salina. Ecco, ci sono. Sí, ci sono. Boccaccia della mattina brutti pensieri. Svegliato male. Devo riprendere quegli esercizi di Sandow. Giù sulle mani.
Case di mattoni marrone chiazzato. Il numero ottanta ancora sfitto. Perché poi?  È valutato solo ventotto. Towers, Battersby, North, Mac Arthur: le finestre del salottino impiastricciate di cartelli. Impiastri su un occhio malato. Odorare il dolce vapore del tè, il fumo della padella, il burro sfrigolante. Essere vicino alla sua ampia carne calda di letto. Sì, sì.



Una viva e calda luce di sole accorreva da Berkeley Road, veloce, con sandali snelli, lungo il marciapiede che si rischiarava. Corre, corre ad incontrarmi una fanciulla con i capelli d'oro al vento.
Due lettere e una cartolina erano per terra nell'anticamera. Si chinò a raccattarle. Mrs Marion Bloom. Il cuore veloce rallentò di colpo. Scrittura decisa. Mrs Marion.
- Poldy!
Entrando in camera socchiuse gli occhi e si diresse verso la testa scarruffata attraverso la calda penombra gialla.
- Per chi sono le lettere?
Le guardò. Mullingar. Milly.
- Una lettera di Milly per me, disse circospetto, e una cartolina per te. E una lettera per te.
Posò la lettera e la cartolina per lei sul copriletto a diagonale vicino alla curva delle sue ginocchia.
- Vuoi che tiri su l'avvolgibile?
Tirando su l'avvolgibile a colpetti leggeri fino a metà finestra la vide con la coda dell'occhio sbirciare la lettera e infilarla sotto il guanciale.
- Basta così? chiese, voltandosi.
Stava leggendo la cartolina, appoggiata a un gomito.
- Ha ricevuto quella roba, disse.
Aspettò che avesse messo da parte la cartolina e si raggomitolasse di nuovo lentamente con un sospiro confortevole.
- Sbrigati con quel tè, disse. Ho la gola secca.
- L'acqua sta bollendo, disse lui.
Ma indugiò per sgombrare la sedia: la sottoveste a strisce, biancheria sporca buttata là: e l'ammucchiò tutta insieme in una bracciata ai piedi del letto.
Mentre scendeva in cucina lei lo chiamò:
- Poldy!
- Che c'è?
- Riscalda la teiera.
Stava bollendo di certo: un pennacchio di vapore dal becco. Riscaldò e vuotò la teiera e ci mise dentro quattro cucchiaini colmi di tè, inclinando poi il bollitore per versarci l'acqua. Aspettando che il tè fosse pronto, tolse il bollitore dal fuoco, schiacciò la padella sui carboni accesi e stette a guardare il grumo di burro scivolare e struggersi. Mentre scartava il rognone la gatta miagolava famelica contro di lui. Dagli troppa carne e non piglia più topi. Dice che la carne di maiale non la mangiano. Kosher. Toh. Lasciò cadere il foglio sanguinolento per lei e calò il rognone nel burro sciolto sfrigolante. Pepe. Lo sparse con le dita, torno torno, prendendolo dal portauova sbreccato.
Poi aprì la lettera, scorrendo il foglio dall'alto e poi a tergo. Grazie: berrettino di lana nuovo: Mr Coghlan: merenda al lago Owel: uno studentello: le ragazze in riva al mare di Blazes Boylan.
Il tè era pronto. Riempì la sua tazza salvabaffi, porcellana imitazione Crown Derby, sorridendo. Regalo di compleanno di Millina sciocchina. Aveva appena cinque anni allora. No, un momento: quattro. Le detti quella collana imitazione ambra che lei ruppe. Infilavo pezzettini di carta da pacco ripiegati nella cassetta delle lettere per lei. Sorrise, versando.

          O Milly Bloom, tu sei il mio amore.
          In te mi specchio a tutte l'ore.
          E preferisco te senza un quattrino
          A Katey Keogh con l'asino e il giardino

Povero vecchio professor Goodwin. Un caso terribile. Eppure era un vecchietto così gentile. Con che inchini antiquati accompagnava Molly fuori dal palco. E lo specchietto nel tubino. Quella sera che Milly lo portò in salotto. Guardate che cosa ho trovato nel cappello del Professor Goodwin! Ci si mise tutti a ridere. Il sesso che spuntava fuori sin d'allora. Sfacciatella che era.
Infilò una forchetta nel rognone e lo rivoltò: poi sistemò la teiera sul vassoio. Come lo sollevava, l'ammaccatura scattò. C'è tutto? Pane e burro, quattro zucchero, cucchiaino, la panna. Sì. Lo portò di sopra, col pollice infilato a uncino nel manico della teiera.
Aprendo la porta con una spinta del ginocchio portò dentro il vassoio e lo posò sulla sedia accanto al capezzale.
- Quanto tempo ci hai messo, ella disse.
Nell'alzarsi vivacemente con il gomito sul guanciale, fece tinnire gli anelli d'ottone. Abbassò calmo gli occhi sulla mole di lei e tra le grosse morbide tette, pendule entro la camicia da notte come le mammelle d'una capra. Il calore di quel corpo coricato si librava nell'aria, mescolandosi all'aroma del tè che lei versava.
Un pezzetto di busta lacera faceva capolino da sotto il guanciale affossato. Sulle mosse per uscire egli si fermò un momento per assestare il copriletto.
- Di chi era la lettera? chiese.
Scrittura decisa. Marion.
- Ah, di Boylan, disse lei. Viene a portarmi il programma.
- Che cosa canterai?
- Là ci darem con J. C. Doyle, rispose, e D'amor la vecchia dolce canzone.
Le sue labbra piene, nel bere, sorridevano. Un certo odor di stantio che l'incenso lascia il giorno dopo. Come l'acqua dei fiori andata male.
- Vuoi che apra un po' la finestra?
Piegò in due una fettina di pane mettendola in bocca, e chiese:
- A che ora è il funerale?
- Alle undici, mi pare, rispose lui. Non ho visto il giornale.
Seguendo l'indicazione del dito di lei prese una gamba delle mutande sporche sul letto. No? Allora, una giarrettiera grigia attorcigliata avvolta attorno a una calza: pianta del piede sformata, lustra.
- No: quel libro.
Altra calza. La sottoveste.
- Dev'essere cascato per terra, ella disse.
Tastò di qua e di là. Voglio e non vorrei. Chissà se lo pronunzia bene: voglio. Nel letto non c'è. Dev'essere scivolato sotto. Si chinò e rialzò le frange del copriletto. Il libro, caduto, era aperto contro la pancia del vaso da notte decorato d'una greca arancione.
- Fa' un po' vedere, disse lei. Ci ho messo il segno. C'è una parola che ti volevo chiedere.
Mandò giù un sorso di tè dalla tazza che teneva non dalla parte del manico e, pulitesi in fretta le punte delle dita sulla coperta, cominciò a scorrere il testo con una forcina finché non trovò la parola.
- Mette in che cosa? chiese lui.
- Ecco, disse lei. Che cosa vuoi dire?
Egli si chinò e lesse accanto all'unghia lucida del pollice.
- Metempsicosi?
- Sì. Come lo chiamano in famiglia?
- Metempsicosi, disse, aggrottando i sopraccigli. Greco: viene dal greco. Vuol dire la trasmigrazione delle anime.
- Oh, sorbe! disse lei. Diccelo in parole povere.
Egli sorrise, con un'occhiata in tralice all'occhio beffardo di lei. Gli stessi occhi giovanili. La prima sera dopo le sciarade. Dolphin,s Barn. Sfogliò le pagine sbaffate. Ruby: l'orgoglio del circo. Olà. Illustrazione. Un feroce italiano con la frusta. Dev'essere Ruby orgoglio del sul pavimento nuda. Lenzuolo gentilmente concesso. Il mostro Maffei desistette e respinse da sé la vittima con una bestemmia. Crudeltà, ecco che cos'è in fondo. Animali drogati. Trapezio da Hengler. Dovetti guardare da un'altra parte. La folla a bocca aperta. Schiàntati il collo e schiatteremo dal ridere. Famiglie intere. Gli disarticolano le ossa da giovani così metempsicosano. Che noi viviamo dopo la morte. Le nostre anime. Che l'anima di un uomo dopo la morte. L'anima di Dignam...
- L'hai finito? egli chiese.
- Sì, rispose lei. Non c'è niente di piccante dentro. Resta sempre innamorata del primo fino in fondo?
- Mai letto. Ne vuoi un altro?
- Sì. Prendimene un altro di Paul de Kock. Che nome carino che ha.
Versò un altro po' di tè nella tazza, guardandolo scorrere con la coda dell'occhio.
Devo rinnovare il prestito di quel libro dalla biblioteca di Capel street, se no scriveranno a Kearney, il mio mallevadore. Reincarnazione: ecco la parola.
- Alcuni credono, disse, che noi si continui a vivere in un altro corpo dopo morti, e che si sia vissuti prima. La chiamano reincarnazione. Che noi tutti siamo vissuti prima sulla terra migliaia danni fa o su qualche altro pianeta. Dicono che ce ne siamo dimenticati. Alcuni dicono di ricordare le loro vite passate.
La panna si dipanava pigra le sue spirali cagliose nel tè. Meglio rammentarle la parola: metempsicosi. Un esempio andrebbe meglio. Un esempio?
La Ninfa al bagno sopra il letto. Supplemento gratuito al numero di Pasqua di Photo Bits: splendida riproduzione artistica a colori. Il tè prima di metterci il latte. Assomiglia abbastanza a lei coi capelli sciolti: più snella. Tre scellini e sei pence ho speso per la cornice. Disse che sarebbe stata bene sopra il letto. Ninfe nude: Grecia: e per esempio tutta la gente che viveva allora.
Sfogliò a ritroso le pagine.
- Metempsicosi, disse, è come la chiamavano gli antichi greci. Allora credevano che ci si potesse trasformare in animale o in albero, per esempio. Quelle che loro chiamavano ninfe, per esempio.
Il cucchiaino cessò di mescolare lo zucchero. Lei guardò fisso davanti a sé, inalando per le narici inarcate.
- C'è odor di bruciato, disse. Hai lasciato qualcosa sul fuoco?
- Il rognone! gridò lui subito.
Si ficcò il libro alla meglio in una tasca interna e, urtando con le dita dei piedi contro la seggetta sgangherata, corse verso l'odore, precipitandosi giù per le scale con gambe di cicogna spaventata. Un fumo pungente si sprigionava da un lato della padella con uno spruzzo iroso. Infilando un dente della forchetta sotto il rognone lo staccò e lo rivoltò sul dorso come una tartaruga. Appena bruciacchiato. Lo fece saltar via dalla padella su un piatto e ci fece poi colar sopra il poco sugo marrone.
Tazza di tè ora. Si sedette, tagliò e imburrò una fetta di pane. Pelò via la carne bruciata e la buttò alla gatta. Poi se ne infilò una forchettata in bocca, masticando con discernimento la carne gustosa ed elastica. Cotto a puntino. Un sorso di tè. Poi tagliò dei quadratini di pane, ne inzuppò uno nel sugo e se lo mise in bocca. Che cos'era quella storia d'uno studentello e d'una merenda? Spianò la lettera a lato del piatto, leggendola lentamente nel masticare, inzuppando un altro quadratino di pane nel sugo e portandoselo alla bocca.

Carissimo papalino,
Ti ringrazio tanto tanto del bel regalo per il mio compleanno. Mi sta un amore. Tutti dicono che sono proprio una bellezza col berrettino nuovo. Ho avuto la bella scatola di cioccolatini di mammà e scrivo anche a lei. Sono buonissimi. Vado a gonfie vele con le fotografie ora. Mr Coghlan me n'ha fatta una e la signora la manderà quando è sviluppata. Ieri affari in grande stile. Era una bella giornata e c'erano tutti i polpacci grossi. Andiamo al lago Owel lunedì con amici per una merenda rimediata. Ricordami a mammà e a te un bacione e grazie. Suonano il piano al piano di sotto. Mettono su uno spettacolo al Greville Arms sabato. C'è uno studentello che delle sere viene qui si chiama Bannon ha cugini o parenti pezzi grossi canta la canzone di Boylan (stavo per metterci Blazes Boylan) su quelle belle ragazze in riva al mare. Digli che Millina sciocchina gli manda i miei distinti saluti. Ora devo chiudere con tanti baci affettuosi.
La tua affezionatissima figlia,
                                                                        MILLY.
P.S. Scusa la calligrafia, ho furia. Ciao ciao.
                                                                        M.

Quindici anni ieri. Curioso, anche il quindici del mese. Il suo primo compleanno fuori di casa. Separazione. Ricordo la mattina d'estate in cui nacque, corsi a cavar dal letto Mrs Thornton in Denzille street. Vecchietta spassosa. Un sacco di bambini deve aver aiutato a venire al mondo. Lo capì fin dal principio che il povero Rudy non sarebbe vissuto. Mah, Dio è buono, signore. Lo capì subito. Ora avrebbe undici anni se fosse vissuto.
Il suo viso vuoto d'espressione guardava malinconicamente il poscritto. Scusa la calligrafia. Furia. Piano al piano di sotto. Esce dal guscio. Quella scenata al caffè XL per il braccialetto. Non volle mangiare i dolci né parlare né alzar gli occhi. Sfacciatella. Intinse altri quadratini di pane nel sugo e mangiò un pezzo di rognone dopo l'altro. Dodici scellini e sei pence la settimana. Non molto. Tuttavia, avrebbe potuto trovare di peggio. Teatro di varietà. Studentello. Bevve un sorso di tè più fresco per mandar giù la colazione. Poi rilesse la lettera: due volte.
Oh be': sa badare a se stessa. E se non fosse così? No, non è successo niente. Naturalmente potrebbe. Comunque aspetta che succeda. Una ragazzina sbrigliata. Le sue gambe snelle in corsa su per le scale. Destino. Ora sta maturando. Civetta: molto.
Sorrise con affetto inquieto alla finestra di cucina. Quel giorno che la colsi per la strada mentre si pizzicava le gote per farle più rosse. Un po' anemica. Le han dato il latte per troppo tempo. Sull'Erin's King quel giorno intorno al Kish. Quel maledetto trabiccolo che traballava da tutte le parti. Neanche un po' di fifa. La sciarpa azzurro chiaro sciolta al vento insieme con i capelli.

Sono tutte fossette e ricciolini,
La testa te la fan proprio girare.

Ragazze in riva al mare. Busta strappata. Le mani nelle tasche dei pantaloni, vetturino fuori servizio, che canticchia. Amico di famiglia. Girrare, dice. Molo coi fanali, sera d'estate, orchestrina.

Le belle, le belle,
Quelle belle ragazze in riva al mare.

Anche Milly. Baci giovani: i primi. Lontani ora passati. Mrs Marion. Adesso legge appoggiata sulla schiena, contandosi le ciocche di capelli, sorride, si fa le trecce.
Un lieve malessere, un rimpianto, gli corse giù per la spina dorsale, aumentando di forza. Succederà, sì. Impedire. Inutile: non ci si può muovere. Dolci lievi labbra di fanciulla. Succederà anche a lei. Sentì il malessere scorrere e diffondersi in lui. Inutile muoversi ora. Labbra baciate, bacianti baciate. Labbra di donna piene vischiose.
Meglio laggiù dov'è: lontano. Tenuta occupata. Voleva un cane per passare il tempo. Potrei fare una scappata laggiù. Per ferragosto, solo due scellini e sei pence andata e ritorno. Mancano ancora sei settimane però. Potrei procurarmi una tessera della stampa. Oppure per mezzo di M'Coy.
La gatta, dopo essersi leccata tutta la pelliccia, tornò al foglio imbrattato di carne, lo annusò e si avviò sussiegosa alla porta. Si voltò a guardarlo, miagolando. Vuole uscire. Aspetta davanti a una porta prima o poi si aprirà. Farla aspettare. È in agitazione. Elettrica. Temporale nell'aria. Si passava le zampe dietro l'orecchia con le spalle al fuoco, anche.
Si sentì pesante, pieno: poi un lene rilassamento degli intestini. Si alzò slacciandosi la cintura dei calzoni. La gatta gli miagolò.
- Miau! disse in risposta. Aspetta che sia pronto.
Pesantezza: sarà una giornata calda. Troppa fatica trascinarsi su per le scale fino al pianerottolo.
Un giornale. Gli piaceva leggere sulla seggetta. Spero che nessun babbuino venga a bussare proprio mentre.
Nel cassetto della tavola trovò un vecchio numero di Titbits. Se l'infilò piegato sotto l'ascella, andò alla porta e l'aprì. La gatta salì con balzi leggeri. Ah, voleva andar su, raggomitolarsi sul letto come una palla.
Tendendo l'orecchio, sentì la voce di lei.
- Vieni, vieni, micia. Vieni.
Uscì dalla porta di dietro nel giardino: si fermò e tese l'orecchio verso il giardino vicino. Nessun rumore. Forse stende i panni ad asciugare. La serva era in giardino. Bella giornata.
Si chinò a osservare un magro filare di pianticelle di mentuccia che cresceva lungo il muro. Farci un bersò. Fagioli di Spagna. Vite americana. Bisogna concimar bene tutto, terreno rognoso. Uno strato di fegato di zolfo. Tutti i terreni così se non si concimano. Acqua di rigovernatura. Marna, ma che cos'è poi? Le galline nel giardino accanto: le loro cacatine sono ottime come primo strato. Ma meglio di tutto il bestiame, specie se gli dànno da mangiare semi oleosi. Copertura di letame. Meglio di ogni altra cosa per ripulire i guanti di camoscio da signora. Il sudicio pulisce. La cenere anche. Bonificare tutto. Piantare piselli in quell'angolo. Lattuga. Si avrà sempre verdura fresca. Però i giardini hanno i loro lati negativi. Quell'ape o moscone qui il lunedì di Pentecoste.
Andò avanti. Dov'è il mio cappello, a proposito? Lo devo aver riattaccato al piolo. O è appeso al pianterreno. Curioso, non me ne ricordo. L'attaccapanni è troppo pieno. Quattro ombrelli, il suo impermeabile. Raccattate le lettere. Il campanello della bottega di Drago che suona. Strano ci stavo proprio pensando. Capelli scuri lucidi di brillantina sul colletto. Mi sono dato appena una lavata e una spazzolata. Chissà se ho tempo di fare un bagno stamattina. Tara street. Quello della cassa aiutò James Stephens a scappare dicono. O'Brien.
Voce profonda che ha quel Dlugacz. Agendath, e poi? Ecco signorina mia. Entusiasta.
Tirò un calcio alla porta ballerina del cesso. Meglio stare attenti a non sporcare questi pantaloni per il funerale. Entrò, chinando la testa sotto il basso architrave. Lasciando la porta socchiusa, in mezzo al tanfo di calce muffita e di ragnatele stantie si sbottonò le bretelle. Prima di sedersi sbirciò da una fessura una finestra dei vicini. Il re era al suo banco. Nessuno.
Accosciato sulla seggetta spiegò il giornale voltando le pagine una dopo l'altra sulle ginocchia denudate. Qualcosa di nuovo e agevole. Non c'è nessuna fretta. Tratteniamola un po'. Il nostro racconto a premio. Il colpo da maestro di Matcham. Di Mr Philip Beaufoy, club degli Spettatori, Londra. L'autore è stato pagato in ragione di una ghinea a colonna. Tre e mezzo. Tre sterline e tre scellini. Tre sterline tredici scellini e sei pence.
Lesse tranquillamente, trattenendosi, la prima colonna e, cedendo ma resistendo, attaccò la seconda. A mezza strada, la sua ultima resistenza cedendo, permise ai suoi intestini di liberarsi comodamente mentre  leggeva ancora pazientemente, quella leggera stitichezza di ieri sparita del tutto. Spero non sia troppo grosso fa rispuntar le emorroidi. No, giusto giusto. Così. Ah! Stitico, una pillola di cascara sagrada. La vita potrebbe essere così. Non lo aveva commosso o toccato ma era una cosa svelta e pulita. Ora stampano qualsiasi cosa. Stagione morta. Continuava a leggere, seduto calmo sul suo odore ascendente. Pulita certamente. Matcham pensa spesso al colpo da maestro con il quale conquistò la piccola strega ridente che ora. Comincia e finisce moralmente. La mano nella mano. In gamba. Ripercorse con lo sguardo quel che aveva letto e, mentre sentiva la sua acqua scorrere tranquillamente, invidiava senza cattiveria quel bravo Mr Beaufoy che l'aveva scritta e aveva avuto in pagamento tre sterline tredici scellini e sei pence.
Potrei mettere insieme un bozzetto. Autori Mr e Mrs M. L. Bloom. Inventare una storia su un qualche proverbio. Quale? Una volta avevo l'abitudine di scrivermi sul polsino quel che lei diceva vestendosi. Non mi piace vestirci insieme. Mi son graffiato nel farmi la barba. Si mordeva il labbro inferiore, nell'agganciarsi la sottana. Cronometravo. 9.15. Non ti ha pagato ancora Roberts? 9.20. Com'era vestita Gretta Conroy? 9.23. Che mi è saltato in testa di comprare questo pettine? 9.24. Quel cavolo m'ha riempito d'aria. Un granello di polvere sulla sua scarpa di vernice.
Si strofinava vivacemente una dopo l'altra la punta delle scarpe contro il collo delle calze. Mattina dopo il ballo di beneficenza quando l'orchestrina di May suonò la danza delle ore di Ponchielli. Spiegare: erano le ore della mattina, mezzogiorno, e poi arrivava la sera, poi le ore della notte. Si lavava i denti. Quella fu la prima sera. La testa di lei che danzava. Le stecche del ventaglio che crepitavano. Quel Boylan è benestante? Ha dei quattrini. Perché? Mi sono accorta ballando che il fiato gli sa di buono. Inutile canticchiare allora. Alludere a questo. Musica strana quell'ultima sera. Lo specchio era in ombra. Strofinava vivacemente lo specchietto sulla maglia di lana contro la mammella piena ondeggiante. Ci scrutava dentro. Rughe agli occhi. Non riusciva, pare.
Ore della sera, fanciulle in veli grigi. Ore della notte poi: nere con pugnali e mascherine. Idea poetica: rosa, poi dorate, poi grige, poi nere. E poi fedele anche alla realtà. Il giorno: poi la notte.
Strappò bruscamente metà del racconto a premio e ci si nettò. Poi succinse i pantaloni, si allacciò le bretelle e si abbottonò. Tirò a sé la porta sconnessa e traballante del cesso e uscì dalla penombra all'aria aperta.
Nella luce piena, alleggerito e rinfrescato nelle membra, si guardò attento i pantaloni neri, le balze, le ginocchia, le borse alle ginocchia. A che ora è il funerale? Meglio guardare sul giornale.

Ehi-o! Ehi-o!
Ehi-o! Ehi-o!

Un quarto alle. Un'altra volta: gli armonici indugiavano nell'aria. Una terza.
Povero Dignam!


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